mercoledì 27 luglio 2011

Chi sono i Fratelli Mussulmani e che ruolo giocheranno nel futuro dell’Egitto e dell’intero scacchiere mediorientale? A queste e ad altre domande ha risposto Valentina Colombo, docente di geopolitica del mondo islamico all’Università Europea di Roma, in un incontro dal titolo La verità sui Fratelli Musulmani, tenutosi lo scorso 27 luglio presso la Fondazione Lepanto.

«Il principale obiettivo dei Fratelli Musulmani – ha spiegato la professoressa Colombo – è instaurare un grande stato islamico unificato per conquistare poi l’Europa e il mondo intero. Nel loro logo è inserita la parola “preparate” che richiama in modo esplicito la seguente sura coranica: “e preparate contro di loro (gli infedeli) tutte le forze che potrete”. La strategia dei Fratelli Musulmani è, in un certo senso, piuttosto inclusiva, se si pensa che “chiunque condivida i loro principi è considerato automaticamente un Fratello Musulmano”».

Recentemente i Fratelli Musulmani hanno iniziato a fare un uso copioso dei vocaboli “giustizia” e “libertà” ma questo è un modo per auto-sdoganarsi a livello politico. «Alle prossime elezioni – ha spiegato la professoressa Colombo – i Fratelli Musulmani si presenteranno con un logo che non richiama più il Corano ma immagini assolutamente neutre, laiche e “rassicuranti”. Non affermano più che l’Islam è la soluzione ma proclamano che la libertà è la soluzione e la giustizia è l’applicazione».

Di seguito è stato proiettato un documentario curato da Walid al-Kubaisi, giornalista iracheno trapiantato in Norvegia, e realizzato alla fine del 2010, pochi mesi prima delle rivolte nordafricane e della deposizione del presidente egiziano Hosni Mubarak.

Il reportage si presenta obiettivo, avendo dato voce sia ai sostenitori dei Fratelli Musulmani che ai loro avversari. Ne emerge un movimento che ha trasformato una religione in ideologia con obiettivi politici mastodontici, ambiziosi e spregiudicati: instaurare, in Medio Oriente e poi in tutto il mondo, governi islamici fondati sulla sharia, attraverso la democrazia, da loro considerato strumento demoniaco. La tattica è quella di utilizzare la democrazia per incanalarla verso la sua autodistruzione.

Il velo, per i Fratelli Musulmani, ha una connotazione identitaria: esso non è affatto previsto dal Corano, né si tratta di una vera e propria tradizione, tanto è vero che fino agli anni ‘70, in Egitto, il suo uso era pressoché sconosciuto. In tutte le sue varianti, il velo ha preso piede in tempi relativamente recenti come segno distintivo rispetto alle culture occidentali. L’hijab, il niqab o il burqa vengono spacciati come un’espressione di libertà, quando, in realtà, sono un modo per affermare la presunta superiorità della donna islamica, pudica e virtuosa, a cospetto dalla donna occidentale, percepita dagli islamici come svestita, sguaiata, lasciva e decadente; in altre parole una “donna di satana”.

A commento del filmato il professor Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, ha osservato che, rispetto al processo di secolarizzazione che travolge l’Occidente, l’Islam è una sorta di «rovescio della medaglia». A sua volta il razzismo paganeggiante è «l’altra faccia del multiculturalismo» ed entrambi sono sintomi di uno squilibrio culturale che ha, tra le altre conseguenze, fenomeni come la tossicodipendenza, la devianza giovanile o, ancora, l’omosessualismo. È l’ora di riscoprire, come antidoto a tale squilibrio, «l’equilibrio cristiano come dominio della volontà e dell’intelligenza sui sensi, quell’equilibrio che è tipico dei santi».