Fornire a tutti i partecipanti una maggiore capacità di giudizio degli eventi contemporanei, tanto dal punto di vista dell’analisi storica quanto sotto il profilo dei principi dottrinali: con queste finalità si è tenuta a Norcia, nella patria di San Benedetto, la prima edizione dell’Università d’Estate della Fondazione Lepanto, dal titolo Alle radici della crisi contemporanea: prassi, tecnocrazia e bene comune. L’evento, svoltosi dal 24 al 27 luglio scorsi e ospitato dal Monastero delle Suore Benedettine, ha visto la partecipazione di decine di iscritti, in gran parte giovani, provenienti da tutta Italia.

In ossequio al titolo della manifestazione, i relatori intervenuti hanno sviscerato il problema del primato della prassi nella società contemporanea e dei suoi differenti aspetti, dall’affermarsi di un regime tecnocratico in campo politico-economico a quello del pastoralismo all’interno della Chiesa. Dopo il saluto introduttivo del prof. Giovanni Turco, due relazioni di carattere storico, affidate rispettivamente al prof. Massimo Viglione (La prima guerra mondiale e i totalitarismi) e al prof. Roberto de Mattei (L’Europa delle monarchie e l’Europa della tecnocrazia), hanno ripercorso il disegno che, a partire dalla Rivoluzione francese per arrivare alla Grande Guerra, ha condotto alla dissoluzione delle potenze monarchiche europee, in primo luogo quella asburgica, e al pieno affermarsi dei principi rivoluzionari e dei loro esiti totalitari non solo all’interno degli Stati, ma anche nel campo della politica internazionale.

Su un piano più filosofico, Corrado Gnerre (Utopia e tecnocrazia) ha invece illustrato i rapporti tra utopia e tecnocrazia: entrambe, a dispetto dell’apparente opposizione, partono dal rifiuto del sano realismo e dell’antropologia creaturale tipici della filosofia naturale e cristiana. La post-modernità relativistica, dunque, lungi dal negare le ideologie della modernità, le porta al loro pieno compimento e ne manifesta al tempo stesso il fallimento, come già aveva spiegato Augusto Del Noce attraverso il concetto di suicidio della Rivoluzione. Rifiutando i concetti di natura (metafisicamente intesa) e di limite, utopia e tecnocrazia pretendono entrambe di controllare e manipolare l’Essere attraverso la “conoscenza”: l’unica sorgente che le accomuna, dunque, è la gnosi.

Stanti queste considerazioni, non stupiscono affatto le radici esoteriche del disegno tecnocratico, ben lumeggiate nella sua relazione (Tecnocrazia, società segrete ed esoteriche) da Carlo Manetti, il quale ha ripercorso il filo rosso che collega le élites tecnocratiche di oggi all’ideologia sansimonista e, soprattutto, al progetto sinarchico di Saint-Yves d’Alveydre. Sul carattere totalitario della rivoluzione tecnocratica ha insistito la relazione del prof. Matteo D’Amico (Rivoluzione tecnocratica e rivoluzione bioetica), la quale ha messo poi in guardia dall’impatto che le nuove tecnologie possono esercitare nel manipolare i fondamenti stessi della natura umana, come appare evidente, ad esempio, nella c.d. questione bioetica.

Il prof. Roberto de Mattei ha successivamente mostrato come una rivoluzione tecnocratica, fondata sulla rinuncia all’ordine dei fini e al concetto di Verità e sul primato della “prassi pastorale”, sia in atto anche nella Chiesa. Ricostruendo le principali vicende della stagione conciliare e concentrandosi in particolare sul tentativo modernista di sostituire il concetto assiologico di “natura umana” con quello soggettivistico di “persona”, la relazione di de Mattei (Il pastoralismo e la crisi nella Chiesa) ha affrontato anche le problematiche più attuali, specie quelle riguardanti il prossimo Sinodo sulla famiglia.

Alessandro Gnocchi (La Rivoluzione del linguaggio nella Chiesa e nella società), partendo dalla riflessione di Marshall McLuhan e dalla considerazione della non-neutralità dei mezzi di comunicazione, ha trattato nel dettaglio gli effetti della rivoluzione sul linguaggio, evidenziando come la manipolazione e la distruzione di quest’ultimo abbia avuto gravissime ripercussioni anche in ambito ecclesiale, stante anche la mancanza di un’adeguata riflessione da parte del Magistero.

Non è mancata un’illustrazione degli effetti del processo rivoluzionario in ambito giuridico: Andrea Sandri (Tecnocrazia, positivismo giuridico, diritto naturale) ha descritto nella sua relazione il passaggio dal diritto naturale e cristiano al giusnaturalismo razionalista e infine alla deriva giuspositivistica e relativistica, di cui il formalismo kelseniano ha costituito uno degli approdi più coerenti.

I seminari sono stati conclusi nella mattinata di domenica dall’intervento del prof. Giovanni Turco (Oltre la tecnocrazia. L’ordine giuridico-politico e il bene comune), il quale, tirando le somme del fruttuoso dibattito delle giornate precedenti, ha esposto i fondamenti filosofici di una politica centrata sul «bene comune», concetto fondato sulla conformità all’ordine dell’Essere e ben diverso dal rousseauiano interesse generale. La ricostruzione di un ordine naturale e cristiano passa dunque per il rifiuto sia dell’individualismo liberale che del collettivismo, approcci apparentemente configgenti ma entrambi tributari dell’unica corrente rivoluzionaria e tecnocratica.

Le conclusioni, infine, sono state tratte dal prof. de Mattei, il quale ha delineato i tratti di vera e propria crisi della civiltà che caratterizzano l’ora presente e la rendono per molti versi simile al tempo del crollo dell’Impero Romano d’Occidente: compito dei cattolici di oggi è, sull’esempio dei monaci benedettini dell’Alto Medioevo, combattere per la Verità e operare una paziente ricostruzione innanzitutto delle basi intellettuali, morali e spirituali della società, sperando che tramite l’aiuto della grazia soprannaturale si possa giungere al superamento della crisi attuale e alla ricostituzione di un vero ordine naturale e cristiano.

Oltre agli spunti di carattere intellettuale emersi nel corso delle quattro giornate, tutti i partecipanti hanno potuto giovarsi di un prezioso accompagnamento spirituale, grazie alla recita quotidiana del Santo Rosario e alla presenza, anch’essa quotidiana, alla Santa Messa celebrata dai monaci benedettini nella forma straordinaria del Rito romano (Messa tridentina). L’incontro con l’Abate, padre Cassian Folsom, ha costituito anche un’occasione utile per una visita guidata della Basilica; non è mancato, del resto, neanche il tempo per un piccolo tour della cittadina nursina.

Non va dimenticata, infine, la proiezione del film Un Dios prohibido, riguardante il martirio di un gruppo di giovani seminaristi nella Spagna della guerra civile, preceduta da un toccante ed edificante ricordo del compianto Mario Palmaro ad opera del suo amico e storico collaboratore Alessandro Gnocchi. Il bilancio di questa prima edizione, dunque, può dirsi senz’altro positivo: non solo gli obiettivi di carattere intellettuale formulati inizialmente sono stati pienamente raggiunti, ma essa ha costituito altresì un momento di arricchimento spirituale, oltre a favorire la reciproca conoscenza tra i partecipanti e gettare quindi le basi per una più stretta collaborazione nel servizio alla Verità.

Non resta, dunque, che darsi appuntamento per la prossima edizione dell’Università d’Estate. (Marco Mancini)